sabato 14 Dicembre 2024

Agenda digitale e start-up: alcuni motivi di interesse per i nostri settori

Decreto-bis per lo sviluppo ma ancora crescita sotto zero!
AGENDA DIGITALE E START-UP: alcuni motivi di interesse per i nostri settori
I decreti si susseguono ma la crescita non c’è! Anzi, il Paese continua inesorabilmente ad arretrare.

Non è certo un caso che la UIL denuncia ed incalza, da mesi, il Governo Monti innanzitutto per le manovre recessive attuate e per la timidezza degli impulsi dati all’economia reale.

E’ del 5 ottobre l’ennesimo decreto per lo “sviluppo”. La musica non sembra cambiata e già sono arrivate forti critiche: per gli industriali “solo un aperitivo” (ma loro che fanno? Ndr), altri si interrogano sulla scarsità delle risorse e sulla stessa provenienza delle poche messe a disposizione. Sembrerebbe, infatti, che i circa 235 milioni per la nuova occupazione tramite start-up, sbandierati dal Ministro del Lavoro Fornero in TV, deriverebbero da ulteriori ritocchi all’ insù delle bollette elettriche (sic)!.

Oltretutto fosche nubi si addensano all’orizzonte per le ulteriori manovre imposte dalla logica del “fiscal compact” (vedasi nuove misure della legge di stabilità) da qui al 2015. Ed il Governo dei “tecnici” si dimostra incapace di far uscire il Paese dall’avvitamento nel quale esso è caduto: dunque ancora fortissima pressione fiscale, diretta ed indiretta, su cittadini, lavoratori ed imprese, ma anche ulteriore rallentamento della spesa per investimento, debolissima compressione della spesa corrente improduttiva e capacità pressoché nulla di combattere gli sprechi della “casta”, corruzione ed evasione.

Pur in questo quadro generale molto negativo appare doveroso commentare due particolari aspetti del recente decreto-sviluppo bis del Governo che toccano più da vicino i nostri settori: agenda digitale e start-up. Aspetti sui quali già avevamo anticipato in luglio, in corrispondenza del primo decreto sulla “crescita” (D.L. n. 83/2012), alcune considerazioni di un sindacato come la UILRUA attento ai problemi di modernizzazione tecnologica del Paese.

AGENDA DIGITALE

Non si tratta certo di interventi rivoluzionari. Sono però provvedimenti necessari precisamente in 5 direzioni: superare il cosiddetto “digital divide” che attualmente impedisce ad una larga parte dei territori, dei distretti e dei cittadini una connessione internet a velocità accettabile; avere un documento elettronico unico (si pensi in particolare ad un fascicolo sanitario unificato, alla dematerializzazione della ricetta medica, ma anche ai possibili positivi riflessi nei nostri settori con la digitalizzazione di atenei e scuole e con il progetto di creazione del fascicolo elettronico dello studente); costruire un’anagrafe elettronica nazionale; dare ulteriore impulso alla digitalizzazione della pubblica amministrazione e, soprattutto, mettere finalmente in connessione tra loro i nostri sistemi pubblici (si pensi agli uffici giudiziari, ma non solo); spingere ancora di più sul pedale della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica nel settore ICT.

Tutto ciò dovrebbe avere positive ricadute in termini di efficienza- efficacia, di risparmi sui costi, di miglioramento dei servizi. Questo, almeno, ci si augura. E non dimentichiamo che detti interventi potranno dare ulteriore impulso alle risorse per i progetti in parte già avviati nel “sistema ricerca” sul versante dell’ Information and Communication Tecnology: previsti 170 milioni di euro (70 dal Fondo per la crescita sostenibile e 100 dal FAR) per grandi progetti con ricaduta industriale, per progetti rivolti alla commessa pubblica ed ai programmi della PA, ed infine per sostenere ed estendere l’esperienza in corso di “smart cities e social communities”.

La spesa prevista inizialmente è di 150 milioni di euro per il solo “digital divide”. Essa potrà, però, attivare ulteriori investimenti di ben diversa consistenza in un campo nel quale gli interventi sono, in ogni caso, indifferibili se l’ Italia non vorrà essere costretta dal solito “vincolo esterno europeo” il quale, come si sa, stabilisce che i Paesi membri abbiano, entro il 2014, una copertura e connessione internet fissa o mobile di almeno 2 mega.

START-UP

Sulle start-up due considerazioni preliminari:

a) un paese nel quale il permanere della recessione non offre sbocchi occupazionali nel lavoro dipendente (pubblico e privato) ed aumenta a dismisura la mortalità delle imprese la creazione, sostenuta pubblicamente anche dal lato occupazionale, di nuove imprese non può che essere accolta positivamente soprattutto se riferita alle elevate professionalità;

b) una delle maggiori carenze della catena formazione-ricerca-innovazione è nella insufficiente trasformazione dei risultati della ricerca in idee ed in relative intraprese; dunque il sostegno alle start-up va nella giusta direzione ed in quella delle necessità di innovazione di produzione e servizi.

Il nuovo provvedimento del Governo dovrebbe costituire, innanzitutto, l’occasione per una più rigorosa definizione delle start-up, dei loro assets e delle regole:

società di nuova costituzione; con sede in Italia; con valore di capitale sociale non superiore ai 5 milioni di euro; divieto di distribuzione di utili; finalità esclusiva di sviluppo e commercializzazione di prodotti e servizi ad alto valore tecnologico; durata non superiore ai 4 anni; impiego per almeno un terzo dei propri occupati di personale ricercatore e/o altamente qualificato; istituzione di un incubatore certificato (per favorire la nascita e lo sviluppo di start-up innovative) e di un registro delle imprese con iscrizione obbligatoria (per garantire la qualità e la trasparenza effettive delle iniziative).

Dal punto di vista del sostegno finanziario-creditizio il decreto prevede:

a) uno stanziamento immediato di 235 milioni di euro cui seguirà un ulteriore erogazione, a regime, di 110 milioni di euro;

b) riduzione degli oneri fiscali iniziali (diritti di bollo, segreteria e Camere di Commercio);

c) gestione più flessibile degli obblighi di ricapitalizzazione e possibilità di utilizzo di stock options e di work for equity;

d) possibilità per il periodo 2013-2014-2015 per le persone fisiche e giuridiche di detrarre o dedurre dal proprio imponibile parte delle somme investite in start-up innovative, sia direttamente che attraverso fondi specializzati;

e) possibilità di accedere al fondo centrale di garanzia per le PMI per l’accesso al credito;

f) previsione di una disciplina specifica per la raccolta di capitale di rischio attraverso portali on-line (raccolta fondi sotto la vigilanza CONSOB).

Vanno sottolineate, infine, quelle disposizioni del decreto riguardanti i rapporti di lavoro a tempo determinato. Le nuove start-up potranno stipulare contratti di lavoro a t.d. con durata variabile tra 6 mesi e 36 mesi, con possibilità di rinnovi senza soluzione di continuità(questo in deroga alle recenti regole “Fornero”); contratti prorogabili una sola volta fino al termine della disciplina specifica per le start-up (48 mesi). Decorsi i termini previsti il rapporto diventa a tempo indeterminato escludendo ogni possibilità di deroga o di soluzioni “fittizie”.

La Segreteria Nazionale UIL – RUA

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