
Ci saremmo aspettati dalla CRUI – Conferenza dei Rettori delle Università Italiane una presa di posizione netta e autorevole a difesa della ricerca, della formazione e dell’assistenza integrata che caratterizzano i Policlinici Universitari. Invece, di fronte alla modifica del D.Lgs. 517/1999, introdotta con l’art. 6 del Decreto-Legge n. 90 del 24 giugno 2025, il silenzio è stato assordante.
La norma, che consente l’assunzione di personale non dirigente per attività “esclusivamente assistenziali”, applicando la contrattazione del comparto Sanità, snatura il modello delle AOU, introducendo di fatto il principio secondo cui “si può fare a meno dell’Università”. Un principio pericoloso, che rischia di compromettere l’intera architettura della formazione medico-sanitaria, fondata sull’integrazione tra didattica, ricerca e assistenza.
Gli specializzandi si formano non solo sul piano clinico, ma anche attraverso la ricerca e il confronto accademico. Eppure, sempre più spesso, questi giovani medici si trovano a sopperire alle carenze gestionali, svolgendo mansioni assistenziali in modo continuativo, a scapito di una formazione piena e qualificata. Un impiego sistematico e non regolato degli specializzandi come forza lavoro rischia di compromettere la qualità del percorso formativo e di svilire il valore stesso della specializzazione.
La gestione delle AOU, negli ultimi anni, ha mostrato gravi limiti, con Rettori e Presidenti di Regione che, anziché difendere congiuntamente il sistema universitario e quello sanitario, hanno spesso agito secondo logiche di potere e opportunità politica, generando modelli ibridi e incoerenti. Il principio ispiratore del D.Lgs. 517/1999 – che prevedeva un modello unico dopo una fase sperimentale di quattro anni – è stato disatteso. A venticinque anni dalla sua emanazione, ci ritroviamo con una frammentazione crescente, che rischia di “buttare via il bambino con l’acqua sporca”.
La CRUI, in questo contesto, ha continuato a promuovere quasi esclusivamente il rafforzamento del ruolo dei docenti e dei dipartimenti, trascurando la necessità di una visione più ampia e inclusiva. Avrebbe dovuto alzare la voce, proporre soluzioni concrete, difendere il valore della formazione universitaria e sostenere, ad esempio, un aumento del salario per tutto il personale che contribuisce alla crescita del sistema. Invece, abbiamo assistito a una mancanza di iniziativa, che lascia spazio a interventi normativi unilaterali e potenzialmente dannosi.
Difendere i Policlinici Universitari significa difendere:
- la qualità della formazione dei futuri medici, infermieri, tecnici e professionisti della salute;
- la ricerca scientifica multidisciplinare;
- il diritto delle persone a una sanità pubblica fondata sulla conoscenza, sull’innovazione e sulla responsabilità istituzionale.
È tempo che la CRUI si assuma il proprio ruolo istituzionale e culturale. Il sistema universitario non può restare spettatore di una riforma che lo riguarda nel profondo.








