Questa terribile estate non smette di fare vittime tra le donne.
I crimini di femminicidio e di stupro sono ormai una emorragia che non si arresta.
Sono un cancro che cresce, senza che si intraveda, finora, una reale reazione nel Paese, capace di contrastare un clima generale fatto di indifferenza, strumentalizzazioni e becero maschilismo.
In questa assenza di sensibilità verso le donne si è consentito che gli episodi gravissimi a Rimini fossero trasformati in un problema di immigrazione.
Con una semplicità devastante, due carabinieri hanno pensato di difendersi dall’accusa di stupro con becere giustificazioni: “erano consenzienti, seppure fatte e ubriache, non siamo stupratori ma cretini”.
In altri casi si sono cercate attenuanti nei trattamenti sanitari obbligatori, come se la “pazzia” fosse una giustificazione.
Ed ancora, non si protegge dalla violenza una dottoressa mentre fa servizio da sola come guardia medica, si consente che i parchi pubblici diventino teatro di stupri, si lascia sola una 15enne, uccisa per vendetta contra la madre nonostante denunce e segnalazioni.
Bisogna cominciare a dire con forza che questi crimini sono il frutto di una società malata, incapace di riconoscere e affrontare finalmente la questione femminile.
Incapace di imporre una nuova cultura nei rapporti di genere e perseguire con determinazione chi usa violenza e minaccia la sicurezza delle donne.
Finora le donne hanno subìto in silenzio, mentre la politica fa proclami tuonanti.
Ma, in concreto, che cosa accade?
Accade che si chiudono i consultori e le case di accoglienza per donne maltrattate.
Accade che i criminali continuino ad usare violenze, anche dopo denunce e sentenze.
Accade che le vittime siano trattate da colpevoli e per i colpevoli si trovino attenuanti.
Accade che ogni donna resti sempre sola nel momento più difficile della vita.
Se si entra davvero in confidenza con una donna, nella quasi totalità dei casi si potrà scoprire che durante la sua infanzia, adolescenza, maturità e perfino età matura è stata sottoposta a molestie.
Molestie portate da vicini, colleghi, superiori o perfino parenti.
Molestie che lei stessa ha scelto o preferito non rappresentare per evitare problemi maggiori, a casa come sul lavoro. Nella paura di essere lei quella giudicata (“se l’è cercata, si veste in quel modo, è una facile”…) e nella consapevolezza che spesso, in una società ancora maschilista, i colpevoli finiscono per essere giustificati, fino a passare per vittime o per “sprovveduti”.
Madri che tacciono sulla violenza di padri sulle figlie e sui figli. Figli che tacciono sulle violenze del padre sulla madre ovvero sui fratelli e le sorelle. Donne che tacciono ai figli le umiliazioni, le violenze morali ed economiche che il padre infligge attraverso avvocati in occasione di separazioni non accettate.
Tante organizzazioni si occupano di donne, cercando di dare loro un supporto e di animare una seria riflessione sulla condizione femminile.
Ma le organizzazioni, qualunque siano, non possono bastare. C’è bisogno di più Stato! C’è bisogno di più politica! C’è bisogno di più giustizia!
C’è bisogno che le donne siano credute e protette quando denunciano molestie e violenze. Dietro ogni femminicidio ci sono decine di denunce inascoltate, che hanno lasciato in libertà il futuro assassino.
Dietro ogni stupro ci sono storie di degradazione territoriale, di abuso di potere, di emarginazione e di povertà.
Donne che emigrano con la speranza di un futuro migliore e poi vengono costrette a prostituirsi, private del passaporto e piegate da stupri e violenze.
Donne che lasciano i mariti e si trovano a combattere battaglie legali in condizioni economiche proibitive.
Donne che rinunciano a lottare per la carriera perché devono pagare pegni troppo pesanti.
Donne che lottano, ma che sentono il bisogno di una protezione affettiva, con il paradosso che la ricerca di amore finisce per diventare il più grande problema delle donne: l’amore per uomini sbagliati, per i figli che diventano l’arma per ricattarle, per una casa che spesso diventa prigione, per un lavoro che piega o si nega.
Questa del 2017 deve restare impressa nella nostra coscienza civile.
La follia degli uomini si è scatenata sulle donne, in un Paese che sembra trattenere un attimo il fiato per lo sdegno e per l’orrore. Solo un attimo però, dopo il quale tutto resta come prima.
Nella consapevolezza che le donne continuano a vivere in uno stato di insicurezza e che di fronte all’ennesimo crimine qualcuno continuerà a sostenere che “sì, la colpa è degli uomini, però….”, “però anche le donne, si vestono e si comportano”, “se i maschi sbagliano è perché li hanno educati male le madri” (mai sentito dire “perché li hanno educati male i padri”!).
Forse bisognerebbe ripartire proprio da queste frasi, riconoscendone tutta la loro violenza. Bisogna cominciare a sostenere che certi modi di pensare sono essi stessi un atto di violenza contro le donne.
Forse, solo così è possibile cominciare seriamente a mettere gli uomini, tutti gli uomini, di fronte alle proprie responsabilità.
Forse, solo così è possibile avviare un serio cambiamento culturale, nelle scuole e nei posti di lavoro. Forse, solo così si può pensare di porre argine ai crimini contro le donne.
Di certo, bisogna ripartire da una nuova consapevolezza e da una forte iniziativa delle donne, ora, subito.
Perché questa è l’unica risposta possibile a questa estate orribile, che ci lascia col dolore, il rimpianto, il rammarico, di non essere riusciti ancora a cambiare marcia in questo Paese.
E’ ora di dire basta ed iniziare tutti a sentirci sporcati e coinvolti nel cambiamento, perché LE VIOLENZE CONTRO LE DONNE SONO DAVVERO UNA VERGOGNA PER TUTTI!
Il Segretario Generale UIL RUA Sonia Ostrica |
La coordinatrice Pari Opportunità UIL RUA Fabiana Bernabei |