venerdì 26 Aprile 2024

Legge di stabilità: tra la beffa e il danno reiterato

leggeCome abbiamo già commentato anche unitariamente, il ddl Stabilità 2016 non solo delude ampiamente le aspettative dei nostri settori, ma addirittura ne aggrava pesantemente la già difficile condizione.
E’ di tutta evidenza che mentre si registrano significative aperture per i settori privati e per le imprese – in primis le norme sulla detassazione del salario di produttività fortemente rivendicate dalle OO.SS. – ai settori pubblici viene riservata una penalizzazione discriminatoria che conferma l’impostazione “elettoralistica” di tutta la manovra finanziaria e soprattutto rende per noi molto più difficoltoso l’avvio stesso del rinnovo contrattuale.

In questo quadro fortemente critico la scelta della mobilitazione di tutte le categorie del pubblico impiego appare come l’unica risposta alle politiche fortemente penalizzanti del Governo Renzi.
Un altro aspetto conferma i forti motivi di preoccupazione: la ristrettezza dei tempi e degli spazi riservati alla discussione parlamentare, alle audizioni ed alla presentazione degli emendamenti. Per quanto riguarda il Senato già il 2 novembre iniziano le audizioni, il 7 novembre è il termine fissato per gli emendamenti!
Da tutto ciò la necessità anche per noi di accompagnare, addirittura di far precedere, le scelte e l’organizzazione delle azioni di mobilitazione nei territori e nei luoghi di lavoro, capace di esprimere proposte specifiche in tema di risorse economiche per il rinnovo del CCNL, precariato ed assunzioni, salvaguardia della specificità dei settori della Ricerca, Università ed AFAM.
Non tralasceremo, per quanto ci riguarda, nessuna delle possibilità di interlocuzione con la parte più sensibile del Parlamento.
Riteniamo però decisiva la piena riuscita dell’azione di protesta messa in campo unitariamente dalle categorie pubbliche.
UNIVERSITA’
Alcune misure positive del DDL Stabilità, soprattutto sul piano occupazionale relativamente ai Ricercatori e Docenti, non possono far passare in secondo piano i limiti delle scelte effettuate dalla politica. La CRUI ha espresso un apprezzamento delle aperture, ritenendo che l’investimento pubblico nell’Università, a partire dallo sblocco degli scatti e soprattutto nei confronti dei giovani ricercatori, registri un nuovo impegno da parte del Governo, seppur limitato a 1.500 nuove assunzioni di personale ricercatore e docente a fronte di 10.000 uscite negli ultimi dieci anni.
Come UIL RUA rileviamo che la CRUI auspica, per il reclutamento di ricercatori di tipo b), l’utilizzo alcuni strumenti previsti dagli EPR da tempo, come la “tenure track”. Le assunzioni saranno indicate in base alla valutazione ottenuta dai singoli Atenei: su questo punto abbiamo avuto modo di esprimere tutte le nostre perplessità in merito alla differenziazione “virtuosa”, che in questi anni ha avuto come effetto soprattutto quello di aumentare la distanza tra Atenei del nord e del sud.
Rileviamo che la quota di cofinanziamento sulle assunzioni degli oltre 1.000 ricercatori (quantificata nel 30% dei costi) è posta a carico del bilancio a valere sulle quote del turn over: ci auguriamo che ciò non si traduca in una ulteriore contrazione delle possibilità assunzionali per il personale tecnico amministrativo.
Anche il diritto allo studio degli studenti resta in sofferenza: molti meritevoli non percepiranno borse di studio per carenza di fondi. Inoltre il nuovo calcolo dell’ISEE ha contribuito a condizionare ulteriormente l’accesso all’alta formazione dei soggetti (e nei territori) più deboli.
Nella razionalizzazione delle risorse del SSN la legge prevede la possibilità che le Aziende Ospedaliere Universitarie vengano cancellate e trasformate in ospedali. Rimaniamo molto preoccupati per la didattica, la ricerca e l’assistenza universitaria, e soprattutto per il ruolo che il personale (sia docente che tecnico amministrativo e sanitario) potrà svolgere nelle “nuove” aziende.
Ma soprattutto il rinnovo del CCNL del personale tecnico-amministrativo, posto come ultima tra le “raccomandazioni” della CRUI al Ministro, evidenzia come le priorità individuate dalle istituzioni non siano allineate con le priorità del sindacato. Il ripristino o meglio il rifinanziamento del FFO condizionerà negli atenei la vita dei lavoratori, già penalizzati dall’assenza di riconoscimenti economici e da progressioni di carriera “autofinanziate”.
AFAM
Per l’AFAM la legge di stabilità non contiene norme specifiche che invece sono necessarie per rilanciare un sistema da troppo tempo fermo. In particolare, resta irrisolto il tema del mantenimento delle sedi e delle diverse questioni legate all’edilizia. Con la chiusura delle province, è esploso il problema della contribuzione per le spese di manutenzione e di consumi, che stanno trasferendosi a carico delle singole istituzioni AFAM senza che ciò comporti incremento di finanziamento: con il risultato di veder ridotti diversi milioni di euro per la gestione ordinaria.
Non c’è un piano pluriennale di finanziamento che riguardi sia lo sviluppo delle istituzioni da un punto di vista didattico, sia per quanto riguarda internazionalizzazione delle attività e la ricerca.
In assenza di una riforma specifica per l’AFAM, la legge di stabilità fallisce l’obiettivo di rispondere alle esigenze che sono diventate già in alcuni casi vere emergenze.
RICERCA
Alla ricerca pubblica extra-universitaria sono state riservate le maggiori penalizzazioni. Infatti alle chiusure sul contratto si aggiungono: il blocco sostanziale del turn-over degli EPR per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo (alcuni Enti dovranno rivedere i Piani di Fabbisogno già avviati) e la riduzione della percentuale per il 2016 dal 60% al 25%; il nuovo congelamento delle risorse del salario accessorio; la riduzione ulteriore delle disponibilità e delle dotazioni degli Enti Pubblici di Ricerca; l’assenza totale di misure riguardanti precariato e nuove assunzioni.
In sostanza il DDL comprime come forse mai in passato (anche rispetto ai governi più ostili allo sviluppo della ricerca pubblica extrauniversitaria) gli spazi di agibilità ed in taluni casi di sopravvivenza stessa di fondamentali strutture scientifiche pubbliche.
Delle due l’una: o questo Governo intende cancellare l’esistenza del settore (lettura possibile a partire dalla banalizzazione della definizione del comparto di contrattazione collettiva) o, come da qualche parte “si mormora”, il Governo stesso intende far leva sulla “valorizzazione-estensione” degli attuali ristretti “confini” della delega di cui all’art.13 della Legge 124/2015 (Legge Madia), per allargarne gli ambiti e far passare una impostazione senza il confronto con la rappresentanza sindacale.
Allo stato delle cose questa delega è riferita agli EPR relativamente al solo personale ricercatore-tecnologo, con una divisione che abbiamo in più occasioni definito “inaccettabile” e lesiva della unitarietà della organizzazione del lavoro negli Enti. La delega sarà inoltre attuata in assenza di qualsiasi previsione di finanziamento, nonché in tempi non coincidenti con l’approvazione della finanziaria ed all’apertura della stagione contrattuale. Viene da chiedersi quale sia la reale strategia del Governo e soprattutto del partito di maggioranza relativa.
Gli Enti si confrontano con una legge che impone nuovi tagli, nuovi blocchi, nessuna strategia per il superamento del precariato, che nel frattempo si sta sottoponendo allo stillicidio di rinnovi e proroghe effettuati in maniera disomogenea e con tempistiche variabili.
Senza soluzione restano problemi annosi (commissariamento ENEA), mentre si aprono scenari nuovi (Enti che manifestano l’intenzione di collocarsi fuori dal comparto degli EPR) e si riducono risorse umane, funzioni e ed attività (ISFOL che contribuirà al decollo di ANPAL).
Sul reclutamento e sulle retribuzioni insiste una nuova ondata di demagogia “meritocratica” e “destrutturatrice”, fatta soprattutto sulla pelle dei lavoratori ed in particolare dei precari e del personale tecnico-amministrativo massacrato dalla legge 150/09 “Brunetta” .
La UIL RUA rivendica:
* il diritto ad un rinnovo dignitoso del contratto, che “tenga conto” dei sei anni di mancato adeguamento al costo della vita (circa il 10% dello stipendio), della rimessa calcolata dall’ISTAT in 390 euro come perdita secca, delle riduzioni conseguenti all’incremento della tassazione indiretta a livello regionale e nazionale, della rivalutazione monetaria (circa il 10% dello stipendio);
* il diritto ad un confronto sociale trasparente e democratico, che ponga al centro delle politiche i settori dell’alta formazione, della ricerca, dell’università quali motori di uno sviluppo che manca anche a causa dell’esiguità degli addetti;
* il diritto di potersi occupare di personale invece che di difesa delle istituzioni, che continuano a subire occupazione e colonizzazione politica ormai diventate inaccettabili ed insopportabili.
Con queste motivazioni la UIL RUA si impegna a sostenere le iniziative di lotta nei singoli posti di lavoro e nei territori, così come le mobilitazioni unitarie di tutto il pubblico impiego; la grande manifestazione nazionale indetta per il prossimo 28 novembre a Roma dovrà essere un momento di grande visibilità per il movimento sindacale unitario, alla cui riuscita siamo tutti chiamati.
Se non arriveranno riscontri positivi per il pubblico impiego le iniziative continueranno senza escludere la possibilità di uno sciopero generale dei settori interessati al rinnovo dei contratti.

La Segreteria Nazionale

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