In questa settimana il Governo presenterà in Parlamento il DDL “Buona Scuola” che, a sentire il Ministro Giannini, “è rivoluzionario nei suoi principi e trasformerà il volto della scuola definitivamente”.
Già in passato i vari Governi di turno hanno tentato Riforme della Scuola e dell’AFAM senza mai risolvere definitivamente nulla.
La legge 508/99, forte nei principi ma debole nelle disposizioni attuative, poneva già le basi per il suo fallimento e oggi, dopo 15 anni di attesa, gli studenti, le Istituzioni e il personale vivono l’incertezza e l’attesa di un cambiamento annunciato che non arriva mai.
Le numerose questioni irrisolte pongono limiti, sempre di più, al miglioramento e allo sviluppo dell’offerta formativa e il blocco della contrattazione nazionale ha inferto un ulteriore colpo al sistema: impedendo le progressioni professionali dei tecnici amministrativi e dei docenti è emersa in maniera drammatica la problematica della docenza di II fascia che deve trovare urgentemente una soluzione.
Ogni tipologia di riforme si è sempre “bloccata” di fatto su due questioni essenziali: 1) disponibilità di risorse economiche; 2) mancata valorizzazione del personale.
Non può esistere innovazione senza investimenti e non potrà esistere innovazione senza valorizzare le professionalità degli operatori e gestori dei sistemi innovativi. Questi principi valgono per tutti, quindi le decisioni che Governo e Parlamento assumeranno nell’ambito del progetto sulla “Buona Scuola” rischiano di condizionare pesantemente anche l’AFAM e il processo conclusivo della nostra riforma iniziata con la L. 508/99. In che modo?
Il DDL “Buona Scuola”, dovrà fare i conti con la sentenza della Corte di Giustizia UE che ha condannato l’Italia per abuso dei contratti a tempo determinato. Il Governo come intende risolvere il problema del precariato? Annunciando, contestualmente al piano assunzionale straordinario di 100.000 unità dalle graduatorie a esaurimento, il divieto di stipulare contratti a tempo determinato al personale docente e tecnico amministrativo presso le istituzioni scolastiche statali, qualora sia già stata superata la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi.
Se queste disposizioni dovessero essere considerate applicabili anche per il nostro settore la situazione rischierebbe di diventare incandescente. Se la politica dovesse evitare il dialogo con le parti sociali e decidesse di procedere senza un’attenta valutazione di “impatto” di queste norme sul sistema AFAM, le conseguenze potrebbero risultare devastanti, arrivando al punto di mettere a rischio il regolare avvio dell’anno accademico.
Stabilizzazione dell’organico, ristrutturazione della docenza (II fascia), nuove risorse economiche e un modello di reclutamento a regime: sono questi i presupposti minimi di successo della riforma. Non si può più attendere e continuare a ragionare ancora con il vecchio schema dei regolamenti (DPR) imposto dalla legge 508 ci farà perdere ancora tempo prezioso senza risolvere definitivamente nulla. A questo punto si impongono provvedimenti legislativi d’urgenza che, valorizzando il lavoro svolto fino ad ora da tutti, traghettino il sistema AFAM fuori dall’emergenza progettando, finalmente, il futuro della riforma.
(Segreteria Nazionale)